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I vantaggi per chi aderisce alla tassazione sostitutiva Irpef della cedolare secca al 10% (per cento) per le locazioni a canone concordato sono notevoli
Con la proroga sino al 31 dicembre 2019 della cedolare secca del 10% sulle locazioni a canone concordato i proprietari tirano un sospiro di sollievo. In non pochi centri, infatti, con la tassa
secca così bassa anche i canoni concordati riescono a essere competitivi, grazie anche alla minore durata della locazione (3 anni più due di proroga semi automatica) rispetto a quelli di
mercato, che invece scontano la cedolare del 21 per cento. Il meccanismo è semplice: i canoni devono essere compresi entro limiti minimi e massimi, determinati sulla base di accordi raggiunti in sede locale tra organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini. La durata cambia a seconda se si tratti di uso abitativo (3 anni +2), uso transitorio (minimo 1
mese, massimo 18 mesi non rinnovabili) o uso studenti universitari (minimo 6 massimo 36 mesi). Con la cedolare (che comprende l’imposta sui redditi e quella di registra) non è possibile
dedurre le eventuali spese dalla base imponibile, che è rappresentata dall’intero canone pattuito. L’opzione per la cedolare (che va espressa in sede di dichiarazione dei redditi l’anno successivo alla stipula) può essere esercitata per unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 – uffici o studi privati) locate a uso abitativo e per le relative pertinenze. La cedolare non è obbligatoria ma, a conti fatti, non c’è praticamente nessuna ragione di convenienza che possa far scegliere l’Irpef.
(Giuseppe Latour e Saverio Fossati, Il Sole 24ORE – Estratto da “Primo piano”, 1 novembre 2017)